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Quando il datore di lavoro può assegnare mansioni inferiori


L’art. 2103 del codice civile prevede che: “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”. In alcuni casi, però, è possibile che il datore di lavoro assegni mansioni inferiori al proprio dipendente, vediamo quali ed a quali condizioni.

Comunicazione scritta

In alcuni casi il datore di lavoro può assegnare al proprio dipendente mansioni inferiori rispetto a quelle del contratto di assunzione. Si tratta di casi di riorganizzazione aziendale che incidano sulla posizione del lavoratore ovvero laddove siano previsti dai contratti collettivi.

In presenza di uno di questi due elementi il lavoratore che si veda assegnare mansioni differenti non potrà opporre nulla sempre che le stesse rientrino nella medesima categoria legale, che siano accompagnate dall’assolvimento dell’obbligo formativo e che venga data comunicazione scritta a pena di nullità. Il lavoratore, inoltre, ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e della retribuzione in corso. Al di fuori di queste ipotesi che sono disciplinate da leggi speciali ogni patto tra le parti è nullo.

Imprese in crisi

Casi particolari sono previsti sempre dall’art. 2103 c.c. sesto comma per le imprese in crisi. Tale norma tende a garantire al dipendente la conservazione del posto di lavoro. È possibile, infatti, innanzi alle sedi ufficiali, giungere ad un accordo di modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della retribuzione se ciò è volto a tutelare l’interesse del lavoratore a conservare il proprio posto di lavoro in caso di crisi di impresa onde scongiurare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Tali accordi non violano il disposto dell’art. 2113 c.c. secondo cui le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’art. 409 c.p.c. non sono valide.

Analoga possibilità si ha in caso di accordo sindacale per quei lavoratori che risultino in esubero e vengano riallocati onde evitare il licenziamento.

Demansionamento illegittimo

Quando invece il demansionamento risulta essere contro l’interesse del lavoratore e non giustificato dagli elementi di cui sopra?

Nel caso in cui il dipendente lamenti di essere stato svuotato delle proprie mansioni ovvero che gli siano state assegnate mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto, dovrà provare, secondo la Cassazione, la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità, la durata del demansionamento, la diversa collocazione lavorativa successiva al demansionamento. Sarà il Giudice, poi, a verificare se il dipendente ha raggiunto la prova, se esiste un demansionamento illecito e quantificare, eventualmente anche in via equitativa, il danno da demansionamento.

Analogamente il lavoratore, in ipotesi, deve provare che il trasferimento o lo spostamento ad altro settore non è giustificato dalle esigenze di produzione del datore di lavoro affinché il Giudice interpellato possa intervenire con un ordine di reintegrazione nelle mansioni effettivamente svolte e con la condanna al risarcimento dei danni.